Cenno storico
Il Mausoleo di Adriano del II secolo d.C.
Il monumento che oggi chiamiamo Castel Sant'Angelo era in origine il luogo di sepoltura dell'imperatore Publio Elio Adriano che lo fece costruire a partire dal 126 o 128 d.C..
Terminato dal suo successore Antonino Pio, dopo il 138, anno della morte di Adriano, il mausoleo giunse a contenere le sepolture di tutti gli imperatori della dinastia Antonina sino a Caracalla, morto nel 217.
Il monumento funebre fu edificato sul lato destro del fiume Tevere, in una regione periferica di Roma destinata ad accogliere tombe, ville imperiali, giardini e altri edifici tra i quali il Circo di Caligola e Nerone. Questa vasta area, detta Ager Vaticanus, comprendeva una zona pianeggiante e il colle che le diede il nome ed era, in quel periodo, attraversata da due importanti strade, la Via Cornelia e la Via Trionfale.
Prima della costruzione della tomba di Adriano, l'Ager Vaticanus accoglieva due ville aristocratiche, gli Horti Agrippinae e gli Horti Domitiae che costituirono successivamente gli Horti Neronis sui quali Adriano, una volta ereditati, decise di innalzare il suo mausoleo.
Per mettere in comunicazione la sua monumentale tomba con il quartiere di Campo Marzio che si estendeva sull'altra riva del Tevere, Adriano fece costruire il Ponte Elio, inaugurato nel 134 d.C. e in parte inglobato nell'attuale Ponte Sant'Angelo.
Il mausoleo di Adriano subì nei secoli notevoli modifiche che ne hanno alterato parte della struttura originaria. Testimonianze importanti e tracce significative dell'antico sepolcro sono comunque ancora visibili e consentono di ricostruire l'aspetto dell'edificio originario, poi trasformato nel castello che ancora oggi domina la riva del fiume.
Il sepolcro imperiale si componeva essenzialmente di tre parti concentriche, delle quali, la più esterna era costituita da una grande cancellata, sostenuta da pilastri, che formava la recinzione del mausoleo. Di questa cancellata restano solo alcune fondazioni dei pilastri di sostegno e due pavoni in bronzo dorato, ora conservati nei Musei Vaticani.
All'interno della cancellata sorgeva la struttura poderosa del basamento quadrato, con i lati di circa 88 metri, costruito in mattoni e rivestito con lastre di marmo bianco di Paro, intervallate da lesene anch'esse di marmo bianco. La parte superiore del basamento era coronata da un fregio formato da festoni composti da ghirlande di papaveri e foglie di quercia, alternati a bucrani, in parte visibili all'interno del castello.
Al di sopra del basamento quadrato si ergeva un corpo cilindrico a forma di tamburo di 64 metri di diametro e 21 di altezza, realizzato in opera cementizia, composta da malta mescolata a scaglie di travertino, tufo e altre pietre disposte con varie gettate parallele a formare un solido blocco monolitico.
Tra il tamburo e il basamento quadrato si trovava una serie di vani in opera laterizia, disposti a raggiera e coperti da un soffitto a volta, in parte ancora conservati a ridosso del muro di cinta del castello.
Al centro esatto del corpo cilindrico si apriva un grande ambiente, tuttora conservato e denominato "Sala delle urne". Secondo un'interessante ipotesi, questa sala, erroneamente ritenuta il principale luogo di sepoltura, doveva essere in realtà una grande aula di culto, deputata allo svolgimento di rituali in onore dei personaggi deificati, sepolti nelle camere sepolcrali adiacenti.
Tali camere sepolcrali erano probabilmente collocate lungo il proseguimento della rampa elicoidale che oggi si percorre fino al collegamento con la rampa diametrale, realizzata nel XV secolo. Il secondo tratto della rampa elicoidale originaria, non più esistente, doveva essere più largo di quello ancora superstite, che misura 2,90 metri e conduceva alle camere sepolcrali, trasformate da papa Alessandro VI alla fine del Quattrocento, in celle olearie, silos e carceri del castello.
Delle originarie camere sepolcrali, la più grande, di circa 8,40 metri di larghezza, 13 di lunghezza e 10 metri di altezza, era destinata a raccogliere l'urna di Adriano, quelle di sua moglie Sabina e del figlio adottivo Lucio Elio Cesare, morto prima dell'imperatore.
Sopra il tamburo si innalzava una torre circolare, alta circa 33 metri, sulla quale era posta la statua dell'imperatore Adriano, raffigurato come il dio del Sole, Elio, con una corona radiata sul capo e nell'atto di guidare una quadriga.
All'interno della torre, proprio in corrispondenza della cosiddetta "Sala delle urne", si trovavano altre due sale sovrapposte, le attuali Sala di Giustizia e Sala del Tesoro, realizzate forse per essere anche esse destinate ad altre sepolture.
In epoca imperiale lo spazio che intercorreva tra la torre circolare e il corpo cilindrico sottostante era coperto da un massiccio tumulo di terra, destinato a giardino pensile, forse piantato a cipressi. Tale imponente ed articolata struttura sepolcrale, visibile anche da grande distanza, fu però modificata in modo sostanziale nei secoli.
Il culto di Elio. Il culto solare ebbe una grande importanza nell'epoca degli Antonini: Adriano portava il nome di Aelius. E il sepolcro di Adriano non poteva che riecheggiare questa filiazione divina, essendovi l'imperatore raffigurato su una quadriga, il carro di fuoco di Elio nella mitologia greca.
Da Mausoleo a struttura difensiva
Già dal III secolo, con Aureliano, il Mausoleo di Adriano perse infatti la sua funzione originaria di sepolcro poiché fu inserito nel programma di fortificazioni e diventò un baluardo di Roma oltre il Tevere. In questo modo i nemici che giungevano da nord potevano essere fermati grazie al sistema difensivo costituito dalle mura, dal fiume e dal complesso del ponte-mausoleo ad esso integrato.
Dal IV secolo la mole adrianea divenne una roccaforte con funzione di presidio, con annesse abitazioni e relative carceri. Tra la fine del V secolo e l'inizio del secolo successivo, durante il regno di Teodorico, re degli Ostrogoti, il mausoleo prese il nome di Domus Theodorici, a testimonianza del fatto che già a quel tempo il mausoleo era utilizzato come abitazione.
Nel 547, in occasione della discesa a Roma dei Goti, il re Totila fece accampare le sue truppe sul lato occidentale del mausoleo, in un insediamento cintato che prese il nome tedesco di Burg. Le mura rozze, costruite in grandi blocchi di peperino sono ancora oggi visibili all'inizio del Passetto di Borgo.
Secondo la tradizione, nel 590, mentre a Roma imperversava una gravissima pestilenza, papa Gregorio Magno organizzò una solenne processione per tentare di arrestare la diffusione del terribile morbo. Quando il corteo giunse davanti al mausoleo ed era in procinto di proseguire verso la Basilica di San Pietro, sopra di esso fu visto san Michele arcangelo nell'atto di rinfoderare la spada, quasi a simboleggiare la fine della pestilenza.
L'evento miracoloso portò alla costruzione di una cappella dedicata all'arcangelo, posta proprio sulla sommità del mausoleo, e qualche tempo dopo, con il pontificato di Leone IV (847-855), l'edificio, fino allora indicato con il termine di Turris o Moles, viene designato come Castellum Sancti Angeli.
Già inserito nella cinta muraria della Città Leonina del IX secolo, il castello aumentò la funzione militare e difensiva durante tutto l'arco del medioevo, passando di proprietà delle diverse famiglie baronali che si contendevano il potere a Roma: nel X secolo divenne fortezza del senatore Teofilatto e del nipote Alberico II che fu a capo di una rivolta del popolo romano contro la madre Marozia. Fu proprio Marozia, nel 928, la prima a trasformare in carcere una parte del castello per poter imprigionare e poi uccidere papa Giovanni X (914-928).
Il castello dei Papi
Nei secoli successivi la fortezza passò alla famiglia Crescenzi, poi ai Pierleoni e infine agli Orsini che la trasformarono nella residenza del membro più potente della loro casata, papa Niccolò III (1277-80). In questo periodo fu anche sistemato il primo Passetto di Borgo, camminamento fortificato e nascosto che collegava direttamente il Vaticano alla fortezza, consentendo ai pontefici di potersi mettere in salvo ogni qualvolta si presentasse l'occasione.
Ma fu papa Bonifacio IX (1384-1404) a voler trasformare il castello in una rocca inespugnabile, affidandone il progetto all'architetto militare Niccolò Lamberti. E in effetti, i lavori compiuti in quegli anni fecero si che quello che era divenuto il castello fortificato di Roma, non fosse mai più conquistato da alcun invasore.
Alla metà del Quattrocento papa Niccolò V Parentuccelli (1447-1455) diede inizio alla costruzione della prima residenza pontificia dentro il castello e fece costruire tre torrioni agli angoli delle mura, incaricando del progetto gli architetti Bernardo Rossellino e Leon Battista Alberti.
Papa Alessandro VI Borgia (1492-1503) fece rinforzare i bastioni, creò il fossato e realizzò un torrione cilindrico per controllare e difendere Ponte Elio.
Giulio II della Rovere (1443-1503) fece costruire la loggia sul fiume e allestire la "Stufetta", camera per il bagno caldo, successivamente decorata all'antica da Giovanni da Udine per Clemente VII Medici (1523-1534); Leone X Medici (1513-21) incaricò Michelangelo di ridisegnare il progetto della piccola cappella privata che fu dotata di un prospetto sul Cortile dell'Angelo.
Si deve a Paolo III Farnese (1534-1549) la trasformazione del castello in una comoda ed elegante residenza nobiliare: egli incaricò Raffaele da Montelupo di ristrutturare e ampliare gli appartamenti papali, dotandoli di grandi sale di rappresentanza. Con l'intervento di Perin del Vaga, Luzio Luzi, Marco Pino e valenti collaboratori come Siciolante da Sermoneta e Pellegrino Tibaldi, le sale furono abbellite da cicli pittorici tra i più significativi del manierismo romano.
Pio IV Medici (1559-65) si preoccupò di rinforzare la struttura, costruendo le massicce mura pentagonali e i bastioni agli angoli; così come Urbano VIII Barberini (1623-44) che creò una nuova cinta muraria digradante a forma di stella, progettata da Giulio Buratti.
Durante il pontificato di Clemente IX, tra il 1667 e il 1669 il ponte antistante il castello fu dotato delle sculture marmoree realizzate su disegno di Gian Lorenzo Bernini e raffiguranti Angeli con i simboli della passione di Cristo.
A partire dal XVII secolo Castel Sant'Angelo perse gradualmente il ruolo di residenza per configurarsi quasi esclusivamente come carcere.
Tra la fine del Seicento e per tutto il Settecento, la funzione militare del castello si ridusse a quella di un grande deposito di armi, munizioni e vettovaglie, pur continuando a rappresentare la più valida difesa per il Vaticano e il Borgo e nonostante l'introduzione delle armi da fuoco a lunga gittata che resero inadeguate le fortificazioni di cui l'edificio era provvisto.
Nel corso dell'Ottocento la mole cominciò a perdere di importanza per la difesa di Roma e si trasformò nel carcere dello Stato pontificio, assumendo il nome di Forte Sant'Angelo.
Castel Sant'Angelo nell'era moderna
Quando nel 1870 si decise di costruire i muraglioni del Tevere, furono abbattuti due bastioni della cinta muraria pentagonale, la doppia cortina frontale e quasi tutte le opere difensive erette durante il pontificato di Urbano VIII.
Nel 1901 il Genio Militare fu incaricato di trasformare alcune sale del castello in spazi espositivi aperti ai visitatori.
Negli anni seguenti il monumento fu ulteriormente restaurato sotto la supervisione di Mariano Borgatti. Nel 1911, in occasione dell'Esposizione Universale, fu istituito il Museo Storico del Genio Militare e, con la Mostra d'Arte Retrospettiva, molti spazi interni ed esterni alla Mole vennero utilizzati per ricostruzioni ambientali. Nel 1925 con l'istituzione del Museo Nazionale di Castel San'Angelo, il monumento assunse una nuova importanza nel panorama culturale romano, divenendo, anche grazie alle donazioni che hanno permesso l'allestimento di una pinacoteca, uno dei luoghi più visitati della città.