Ipogei e prigioni del Castello


Siti sotto il nostro piano di calpestio, questi ambienti sono stati ricavati nella sezione del muro cilindrico del Mausoleo di Adriano, ed erano destinati a riserve alimentari di grano, olio e acqua nonché a prigioni.

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 Per scendere negli ipogei dobbiamo muoverci verso l’apertura posta sul prospetto semicircolare del cortile: varcato l’ingresso, scendiamo la scala che ci consente di raggiungere le Prigioni Storiche. Ci troviamo qui al terzo livello del castello.

Giunti nei sotterranei, possiamo sostare nel cosiddetto Parlatoio - caratterizzato da poderose e moderne strutture metalliche. Da qui entriamo nello stretto e buio corridoio anulare che ci consente di raggiungere alcune delle celle che furono usate come prigioni dal Rinascimento all’Ottocento. Come in qualunque altro castello, anche qui le prigioni erano necessarie per rinchiudere i detenuti in attesa di giudizio.

Tra coloro che furono rinchiusi in Castel Sant’Angelo, si ricordano, tra gli altri Pomponio Leto, Giordano Bruno, Beatrice Cenci e il conte di Cagliostro.

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Presunto ritratto di Cellini.
Foto: Alicia Milor, Wikimedia

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Giulio Romano, Ritratto di Beatrice Cenci, 1662. Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Palazzo Barberini.

L’ultima cella che possiamo vedere è celebre per aver ospitato per quasi un anno lo scultore Benvenuto Cellini, vissuto nel Cinquecento. 

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 Benvenuto Cellini: salvatore e prigioniero. Il grande scultore e orafo lasciò il segno a Castel Sant'Angelo. Prima, difendendo con successo il castello e il Papa ivi rifugiato durante il Sacco di Roma nel 1527, uccidendo, insieme ad altri, il comandante Carlo III di Borbone con un colpo di archibugio e ferendo il suo successore il principe d'Orange. poi, nel 1538 in un'occasione decisamente meno propizia, risiedette nelle prigioni di Castel Sant'Angelo accusato di aver sottratto dei beni durante il Sacco di Roma. In realtà, è probabile che Cellini, che si era fatto più nemici che amici ed era di natura violenta, fosse vittima di un intrigo delle corti romane che avevano qualche conto in sospeso con l'artista. Fu in questo periodo che si situa il racconto della rocambolesca fuga del Cellini raccontata da lui medesimo nella sua autobiografia. Cominciai di queste lenzuola a farne fasce larghe un terzo di braccio : quando io ebbi fatto quella quantità che mi pareva che fussi a bastanza a discendere da quella grande altura di quel mastio di castel Sant'Angiolo, io dissi ai mia servitori, che avevo donato quelle che io volevo, e che m'attendessino a portare delle sottile, e che sempre io renderei loro le sudice. Non essendo le lenzuola sufficientemente lunghe, Cellini dovette saltare e cadde rovinosamente nel cortile sottostante perdendo coscienza. Ripresosi, riuscì a fuggire dal castello ma venne riacciuffato poco dopo e spostato nella cella ancora visitabile della fortezza. Infine, Cellini fu liberato grazie anche all'intervento di Francesco I che lo volle con sé in Francia.

Proseguendo il nostro cammino, sulla destra, salendo, incontriamo un piccolo vano: è una latrina costruita all’esterno del corpo cilindrico del Mausoleo di Adriano. Al momento è l’unica ancora presente nel castello ed è quella dalla quale si sarebbe calato il Cellini durante la sua fuga. 

Attigue alle Prigioni Storiche si trovano le "Oliare", due vasti ambienti nei quali sono esposte 83 giare di terracotta, murate nel XX secolo: questi contenitori  dovevano conservare l'olio necessario per l’illuminazione e per il riscaldamento del castello. 

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Le oliare

Di fronte alle stanze che contengono le giare, si trovano infine i "Silos", cinque profondi magazzini dalla forma circolare, realizzati nel 1502, per poterci conservare il grano e i cereali, alimenti essenziali per la sopravvivenza all’interno della fortezza, soprattutto, in caso di assedio.

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 Dal cortile incamminiamoci sulla rampa che ha inizio a sinistra dell’ingresso agli ipogei e che conduce direttamente al Giretto Coperto di Pio IV dove comincia la prossima tappa del nostro percorso.

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