Nel sepolcro imperiale
Iniziamo ora il nostro percorso nel Mausoleo di Adriano, scendendo la moderna scala in ferro posta di fronte all'ingresso principale dal quale siamo entrati. Questa rampa ci permette di scendere sino al livello originario della tomba imperiale, più basso di circa tre metri rispetto al piano di calpestio moderno.
Dromos e Atrium
Man mano che scendiamo i gradini, possiamo indirizzare il nostro sguardo sulle imponenti strutture murarie del II secolo, costituite da grandi blocchi di opera quadrata in travertino, tagliati con grande precisione.
Giunti alla fine della scala, ci troviamo a calpestare il pavimento originario del Dromos, il lungo corridoio di accesso al sepolcro, coperto da una volta a botte molto elevata. Se ci giriamo verso l'ingresso attuale e abbassiamo lo sguardo alla nostra altezza, possiamo osservare quasi tutta la lunghezza del Dromos, all'interno del quale si accedeva dopo aver varcato la cancellata di accesso e la porta aperta nella struttura inferiore del mausoleo.
L'antico ingresso, distrutto forse già nel V secolo, doveva aprirsi con un grande arco, collocato all'incirca al di sotto della porta di accesso al monumento e sormontato dall'iscrizione con il nome dell'imperatore e di sua moglie Sabina.
Sulle pareti del corridoio e del vano adiacente possiamo ancora vedere i fori delle grappe di ancoraggio delle lastre marmoree che originariamente rivestivano gli ambienti e ai quali conferivano eleganza e luminosità. La decorazione marmorea ora perduta doveva infatti, molto probabilmente, essere interamente bianca, per permettere al chiarore, diffuso dalle lucerne, di illuminare gli ambienti del sepolcro imperiale.
Percorrendo tutto il Dromos, giungiamo nell'Atrio, un piccolo ambiente a pianta quadrata con un'alta nicchia semicircolare sul fondo. Questa nicchia, molto simile ad un'abside, ospitava anticamente una colossale statua di Adriano, della quale rimane solo la testa, oggi conservata nella Sala Rotonda dei Musei Vaticani.
Il colosso doveva essere alto all'incirca 14 metri e, a differenza di quello che normalmente si crede, era colorato in tutte le sue parti.
A sinistra, nell'atrio, entro una teca, possiamo vedere il plastico ricostruttivo del mausoleo, che permette di comprendere al meglio la struttura originaria dell'ampio e articolato monumento che ci accingiamo a visitare: in basso, vediamo il basamento quadrangolare con un accesso su ogni lato, rivestito in marmo bianco di Luni, con fregio a bucrani (teste di buoi) e lesene angolari. Sugli angoli del basamento vediamo collocati gruppi di statue equestri in bronzo che probabilmente ricordavano le imprese belliche dell'imperatore.
Al centro, vediamo il corpo cilindrico, rivestito di travertino, decorato con lesene e sormontato dal giardino pensile. In alto, notiamo la torre sommitale sulla quale era posta la quadriga guidata dall'imperatore Adriano in veste di Elio, il dio Sole. Attorno al mausoleo possiamo riconoscere il muro di cinta, con cancellata in bronzo, decorata da Pavoni, emblemi della famiglia di Adriano, gli Aelii, vale a dire “del Sole”. Gli occhi disegnati sulle piume del pavone erano ritenuti, all'epoca, così come il sole, l'occhio del mondo; allo stesso modo la ruota era considerata l'emblema del disco solare, che sorge, tramonta e risorge in eterno, a simboleggiare l'immortalità dello stesso imperatore.
Guardiamo adesso la parete alle spalle del modellino del mausoleo, sulla quale possiamo vedere la porta che conduce al retrostante vano dell'ascensore che fu installato nel XVIII secolo, al fine di permettere a coloro che risiedevano nel Castello di raggiungere tutti i livelli della fortezza.
La rampa elicoidale
Ci incamminiamo ora verso il lato destro dell'atrio dal quale ha inizio la caratteristica rampa elicoidale, concepita per essere percorsa dal corteo funebre che accompagnava i defunti nel loro ultimo viaggio terreno. Salendo la rampa, detta elicoidale perché compie un giro di 360 gradi all'interno del corpo cilindrico, possiamo vedere, sotto i nostri piedi, alcuni tratti della pavimentazione originaria in tessere musive bianche. I lacerti di mosaico sono pochi e mal conservati ma estremamente utili per fornirci un'idea della ricca e suggestiva decorazione del sepolcro imperiale. Il colore bianco dominava ovunque: sulle pareti, sulla volta, probabilmente rivestita in stucco, e sul pavimento.
Mentre percorriamo la rampa, alziamo lo sguardo per non lasciarci sfuggire i quattro pozzi tronco-piramidali aperti sulla volta e detti comunemente "sfiatatoi". Le aperture verticali, che raggiungevano il livello del giardino pensile, servivano in origine a far entrare aria e luce nella rampa. Dopo aver percorso circa 125 metri, e superato un dislivello di 11 metri, il nostro cammino sulla rampa elicoidale si interrompe di fronte ad un muro che presenta una piccola porta, aperta in epoca moderna. L'imponente muro risale all'epoca della trasformazione del mausoleo in castello e fu progettato dall'architetto Niccolò Lamberti per bloccare il percorso della rampa e rendere inaccessibile la fortezza.
In epoca imperiale la rampa elicoidale non era quindi interrotta da un muro. Il suo percorso, dopo aver compiuto una circonferenza intera, proseguiva, modificandosi, forse in un secondo "dromos" o corridoio che conduceva sino alla Sala delle Urne.
Oggi, per raggiungere questa sala dobbiamo oltrepassare la porta, voltare a sinistra e percorrere la rampa diametrale, costruita in epoca rinascimentale al di sopra del Dromos di accesso al Mausoleo di Adriano. Sulla piantina arriviamo al livello 2 del castello.
La Sala delle Urne è in realtà una grande aula a pianta quadrangolare, con nicchie su ciascuno dei lati e pareti in opera quadrata di travertino, originariamente rivestite di marmo giallo antico; è illuminata da due finestre a bocca di lupo, aperte all'altezza del giardino pensile e ingrandite in epoca papale.
In quest'aula, entro grandi urne disposte sotto gli arcosòlii (nicchie sormontate da archi a tutto sesto), ancora visibili sulle pareti, furono deposti alcuni membri della famiglia imperiale, tra i quali, forse, lo stesso Adriano, sua moglie Sabina e il loro figlio adottivo, Lucio Elio Cesare, morto prima dell'imperatore.
Sulla parete sinistra della cella possiamo vedere una lapide sulla quale sono incisi i versi scritti dallo stesso imperatore che rivolgendosi alla sua anima così la definisce:
Animula vagula, blandula,
Hospes comesque corporis,
Quae nunc abibis in loca
Pallidula, rigida, nudula,
Nec, ut soles, dabis iocos…
Piccola anima smarrita e soave,
compagna ed ospite del corpo,
ora t'appresti a scendere in luoghi
incolori, ardui e spogli,
ove non avrai più gli svaghi consueti.
Continuiamo la salita, svoltando a sinistra alla fine della rampa traversale, fino a raggiungere il cortile dell'Angelo.