La sala Paolina e le sale adiacenti
Dalla Loggia di Giulio II, saliamo i gradini ed entriamo nella Sala Paolina, la più aulica di tutto l’appartamento farnesiano. Concepito come un vero e proprio "palazzo" nel castello, il più alto e anche il più articolato di tutti quelli presenti nel castello, è composto da numerose sale, oltre alla Sala Paolina. Tra gli ambienti più importanti sono visibili la Sala del Perseo, la Sala di Amore e Psiche, la Sala dell'Adrianeo e la Sala dei Festoni.
La Sala Paolina prende il nome dal pontefice Paolo III, astuto uomo politico, impegnato durante tutto il suo pontificato a combattere il protestantesimo e a riconciliare gli Stati europei in lotta fra di loro. Il grandioso salone, o Sala del Consiglio, fu voluto dal papa per accogliere i suoi ospiti più illustri tra i quali si annoveravano imperatori, re e ambasciatori provenienti da tutto il mondo allora conosciuto. Chi entrava nella grande sala, guardando gli affreschi sulle pareti, poteva avere subito l’immagine della grandezza del pontificato di Paolo III, in grado di esercitare il potere temporale e spirituale su tutti i territori di suo dominio.
Per rendere comprensibile tutto ciò, il papa decise di legare la sua immagine ai due personaggi principali celebrati negli affreschi della sala: Alessandro Magno e San Paolo. Ogni episodio narrato viene riferito ad un preciso episodio della vita del pontefice in un programma unitario di auto-celebrazione senza precedenti nella storia della pittura romana del Cinquecento.
Paolo III che, prima di diventare pontefice, si chiamava Alessandro decise di celebrare sé stesso attraverso le azioni e i gesti più celebri dei suoi illustri e omonimi "predecessori": il principe degli apostoli, Paolo, e il più grande condottiero del passato, Alessandro.
Allo straordinario ciclo decorativo, realizzato fra il 1545 e il 1547, lavorarono artisti quali Perin del Vaga, Luzio Luzi, Giovanni da Udine, Marco Pino, Girolamo Siciolante e Pellegrino Tibaldi, oltre a una vasta schiera di valenti collaboratori.
Se alziamo gli occhi, al centro del soffitto vediamo lo stemma del papa; mentre negli angoli della volta, ricorrono le imprese farnesiane con il motto latino "Festina Lente", vale a dire "affrettati lentamente", e il motto greco "Dikes krinon", "Giglio di giustizia".
Sulla volta e sulle pareti lunghe sono dipinti episodi della vita di Alessandro Magno, opera del senese Marco Pino, mentre sulle pareti brevi, sopra le porte sono illustrate sei Storie di San Paolo.
Sulle pareti corte possiamo anche notare le figure dei numi tutelari del castello, l’imperatore Adriano, dipinto da Girolamo Siciolante da Sermoneta, e San Michele Arcangelo che rinfodera la spada, opera del giovane Pellegrino Tibaldi.
Nella parte alta delle pareti possiamo invece leggere l’iscrizione che, in latino, celebra i lavori di restauro intrapresi nell'antica struttura adrianea, per trasformarla in un'elegante residenza papale.
Sulle pareti lunghe sono affrescate le personificazioni delle Virtù Cardinali, Giustizia, Fortezza, Temperanza e Prudenza, evidentemente attribuite al papa. Non mancano qui dei riferimenti divertenti: possiamo scorgere due finte porte, dipinte sul muro, dalle quali stanno per uscire, da una, un uomo vestito di nero – forse l’architetto Antonio da Sangallo il Giovane - e, dall'altra, alcuni servitori che scendono una scala passandosi un cesto di frutta.
Negli anni venti del XVIII secolo, durante il pontificato di Innocenzo XIII, la sala venne sottoposta a un imponente restauro che comportò anche la sostituzione del pavimento originale in cotto con l'attuale in marmo, al centro del quale campeggia lo stemma di Innocenzo XIII.
Avviciniamoci ora alla parete di fondo, dove vediamo dipinta l'immagine dell'Arcangelo Michele: qui in basso sono raffigurati due babbuini. Non conosciamo i motivi per i quali essi furono dipinti, ma possiamo ipotizzare che sia stato lo stesso pontefice a suggerire i loro "ritratti", a ricordo di un gradito dono, a lui consegnato forse da un ambasciatore straniero.
Dalla sala Paolina, attraverso una porta aperta sulla parete lunga di fronte alle finestre, si accede alle due camere private del papa. Esse prendono il nome dai protagonisti delle storie affrescate nei fregi parietali.
La sala di Perseo
La prima che possiamo visitare è la Sala di Perseo, forse uno studio, destinato anche alle udienze private del papa. Gli arredi e le opere d’arte presenti nella sala non provengono dal castello ma sono donazioni del Cavaliere Mario Menotti (1916) e di Alessandro e Vittoria Contini (1928).
Il ciclo pittorico – raffigurante sei storie di Perseo, tratte dalle Metamorfosi di Ovidio - fu dipinto, tra il 1545 e il 1546, nella parte alta delle pareti, da Perin del Vaga, Domenico Zaga, Prospero Fontana e Michele Grechi. La piccola porta, visibile a sinistra dell’ingresso, consente, attraverso una scaletta, di raggiungere la Stufetta di Clemente VII che abbiamo visitato al piano inferiore. Evidentemente, anche Paolo III aveva voluto che dal suo appartamento si potesse accedere direttamente alla confortevole sala da bagno.
Carlo Crivelli, Cristo Benedicente e Sant'Onofrio, tempera su tavola, 1490-1494. Le due splendide opere di Carlo Crivelli (1430-1495) furono completate dal pittore veneto poco prima della sua morte per la Chiesa di San Francesco a Fabriano e facevano parte della predella della pala con l'Incoronazione della Vergine e la Pietà, oggi conservata alla Pinacoteta di Brera. Lo stile inconfondibile di Crivelli forza la percezione del disegno e del dettaglio e raggiunge un alto grado di drammaticità (visibile soprattutto nella figura di Sant'Onofrio).
Spostiamoci ora verso la porta che si apre sulla parete di fondo della Sala di Perseo. Questa immette nella Sala di Amore e Psiche, un tempo la camera da letto di Paolo III.
La sala di Amore e Psiche
Sul soffitto a cassettoni possiamo riconoscere lo stemma del pontefice mentre, sul fregio, vediamo rappresentati dieci episodi della favola di Amore e Psiche, tratti dal romanzo di Apuleio, l'Asino d’oro, e dipinti da Perin del Vaga e dai suoi collaboratori tra il 1545 e il 1546.
Luca Longhi, Giovane donna con unicorno, olio su tavola, ca. 1535-1540. Il dipinto del ravennate Luca Longhi (1507-1580) raffigura l'avvenente Giulia Farnese, sorella di Papa Paolo III, moglie di un membro della famiglia Orsini, e amante ufficiale del cardinale Rodrigo Borgia e futuro Papa Alessandro VI. Giulia rimase legata a Papa Alessandro, che favorì anche la famiglia dei Farnese nominando cardinale il fratello Alessandro (soprannominato per questo il cardinale della gonnella), poi assurto al soglio pontificio come Paolo III. Dopo la morte di Alessandro VI, e del marito Orsino Orsini Giulia si avvicinò all'ascendente famiglia dei Della Rovere (Papa Giulio II). Si risposò e ridivenne vedova ancora una volta si ritirò nel suo feudo fino alla sua scomparsa nel 1524. È sintomatico che nel suo dipinto, eseguito circa un decennio dopo la morte di Giulia, Longhi l'avesse raffigurata assieme all'unicorno, simbolo della casa Farnese, ma anche della purezza.